venerdì 30 giugno 2017

Una maschera Sherden nel British Museum di Londra

Finalmente, dopo essermi spostato in Inghilterra per approfondire i miei studi, sono finalmente andato a visitare il British Museum di Londra. Durante la mia "ricerca", all'interno del museo, dei famigerati bronzetti nuragici, sono incappato in questa maschera in bronzo. Avevo già visto alcune immagini dell'oggetto in vari libri, ma poterla osservare di persona è sicuramente un'esperienza sbalorditiva.

Maschera Sherden del British Museum. Sono visibili i fori per le corna.
Foto dell'autore. Qualsiasi riproduzione non autorizzata è perseguibile a norma di legge.
Riporto quanto scrive la dicitura:
"LBII-III (1400-1150 b.C.) Masks of this sort were also produced in pottery. They were possibly  used as insets for large statues made of wood. This example has two holes at the top on either side and it is possible that these held two horns, the resulting face rapresenting that of a Sherden Warrior".

Tradotto suona come:

Tardo Bronzo II-III (1400-1150 a.C.) maschere di questo tipo venivano reaizzate anche in ceramica. Probabilmente venivano utilizzate per essere incluse in grandi statue in legno. Questo esempio presenta due fori nella parte superiore, su entrambi i lati, ed è possibile che vi fossero alloggiate due corna, il volto che ne risulta rappresenterebbe un guerriero Sherden "

La cosa più stupefacente, per chi conosce un minimo di archeologia nuragica, è la somiglianza del volto della maschera con i famosi bronzetti nuragici. Il volto allungato con il mento appuntito, il sorriso appena accennato, il naso prominente e gli occhi arrotondati, tutti caratteri più tipicamente associabili a quelli delle statuine nuragiche, invece che a statue come quella del "Dio Cornuto" di Enkomi, spesso associata ai "Popoli del Mare" ed agli Sherden.

"Dio Cornuto" o "Apollo Cereates" (Late Bronze Age, 1200-1150) da Enkomi, Museo di Cipro, Nicosia, Cipro. Da http://www.cyprusexplorer.globalfolio.net/eng/history/letters_alasiya/index.php
Si paragoni il volto della maschera Sherden, ad esempio, con questo del bronzetto conservato a pochi metri di distanza, nello stesso British Museum, La somiglianza con lo stile Uta è impressionante, sopratutto se pensiamo che, come suggerisce la didascalia del museo, la maschera doveva essere dotata anche di due sottili corna di bronzo che si diramavano dalle tempie. Suggestione o realtà?
Notare che un simile accostamento con i bronzi nuragici è già stato fatto da Andrea Salimbeti nel suo sito web (The Greek Age of Bronze), ed in seguito pubblicato assieme a Raffaele D'Amato nel pregevole volume "Sea Peoples of the Bronze Age Mediterranean c. 1400 BC-1000 BC", 2015, Osprey Publishing, p.58.

Fotografia dell'autore, tutti i diritti riservati.
Che si tratti di un vera e propria "maschera nuragica" o se sia appartenuta, come si specifica, ai guerrieri Sherden dei Popoli del Mare, solo un'analisi degli isotopi del metallo che la compone potrà dirci la sua provenienza.

Alessandro Atzeni,
Oxford
20/04/2016.

giovedì 29 giugno 2017

Tecniche di combattimento e approccio ricostruttivo ai "pugilatori" da Mont'e Prama.


Nel paragrafo 48 (p. 149) del mio libro "Gherreris, dai bronzetti alle statue di Mont'e Prama" ho affrontato per la prima volta in una pubblicazione edita la ricostruzione dello stile pugilistico dei guerrieri da Mont'e Prama, abitualmente noti come "pugilatori". Nel paragrafo delineavo alcune caratteristiche tecniche di come poteva essere il combattimento attuato da questi "boxers", quale potesse essere il loro ruolo, e come dovesse essere attuato un approccio ricostruttivo ad un tema importante quale è la ricostruzione di uno stile di combattimento scomparso da quasi 3000 anni. L'approccio è lo stesso adottato per la ricostruzione schermistica, iniziata assieme all'Associazione Memoriae Milites 8 anni fa, poi approfondita e infine pubblicata nel libro.

La copertina del mio libro "Gherreris".
Evidenze archeologiche.

La ricostruzione in questi casi si basa sempre sulle evidenze archeologiche, come nel pankration e nella pygmachia greca, i ricostruttori si sono basati sul background dato dalle loro discipline marzialistiche o sportive per operare la ricostruzione. Le fonti erano costituite da pitture su vasi, statue, addirittura talvolta anche fonti scritte. La storia di come sia stato "riscoperto" il pugilato greco-romano o la lotta (pale e orthepale) ne è un caso esemplare.

Scena di combattimento tra pugilatori greci. Sicuramente molto più esplicativa dela posa sempre uguale tenuta dalle statue di Mont'e Prama.

Lo stesso si può applicare ai pugilatori nuragici, anche se per questi le fonti a nosta disposizione sono indubbiamente più ridotte. Disponiamo infatti solo di poche statuine in bronzo, spesso incomplete e di numerose statue in pietra, anche se quasi tutte in stato molto precario. L'uso che si può fare di queste statue è relativo: la loro postura, che sia una "guardia" o una posta di combattimento, o un momento di giubilo immortalato nella pietra, è sempre e irrimediabilmente la stessa. Gli unici pugilatori in un posizione leggermente diversa sono i pugilatori rinvenuti in tempi recenti a Mont'e Prama, identici al bronzetto dalla necropoli di Cavalupo, Vulci. Questo bronzetto è rappresentato in una posa stante, nel gesto di saluto, il guantone penzola dal polso.

Bronzetto da Cavalupo, detto "Sacerdote Militare".
Statue rinvenute nel 2014 a Mont'e Prama, quasi identiche al bronzetto da Cavalupo.


Le due statue in pietra con le medesime fattezze, invece, presentano il pugno adeso al corpo, poggiante sullo scudo avvolto.
La cosa importante in questi tre casi è il dettaglio del guantone e dello scudo. Il guantone nel bronzetto è stato interpretato come "borchiato", mentre nelle statue in questione è assolutamente liscio. Alcuni, hanno presunto di aver individuato delle borchie lungo tutta la superficie dei guantoni di questi guerrieri, ma nei bronzetti in realtà si nota solo uno spuntone sottostante al guanto, un evidenza che nelle statue di pietra è ancora più evidente.

E qui ci dobbiamo fermare, poiché andando oltre in questo discorso, finiremmo per parlare della mia ipotesi che in realtà quelli che sembrano "pugilatori" sono, almeno personalmente in base alle evidenze che ho raccolto, e che stavo accennando, armati di pugnale gammato! Quasi dei precursori dei gladiatori romani.

Dettagli dei guantoni delle statue da Mont'e Prama.


Ricostruzione grafica del combattimento tra "Pugnalatori" a cura dell'illustratore Guido Nieddu, su mia indicazione.

Se ci dovessimo fermare allo studio dello stile pugilistico puro e semplice, basato sulla conformazione del guantone, come per gli himantes oxeis (guantoni) della pygmachia greca, l'unico modo per farci guidare nella ricostruzione dello stile è data dalle evidenze del guantone stesso. Gli himantes ad esempio eano dotati di un vello animale nella zona dell'avambraccio, che i ricostruttori hanno ipotizzato servisse ai pugilatori greci per asciugare il sudore e il sangue che gli colava sul volto. Lo stesso approccio può essere applicato ai guantoni nuragici. Se le borchie del guantone non sono presenti lungo tutta la superficie è chiaro che i colpi sferrati non possono essere quelli tradizionali del pugilato moderno, o delle altre discipline marziali orientali. Il modo di sferrare il pugno dipende dalla conformazione dei guantoni e dal modo in cui si vuole preservare la mano. Ad esempio nel pugilato a mani nude ottocentesco inglese (che ho personalmente studiato presso la Linacre School of Defence di Oxford quando ho vissuto in inghilterra) il pugno viene dato tenendo le nocche esterne, orientando la mano verso l'alto con il palmo verso i nostri occhi. In altri stili il pugno viene dato verticale, con il pollice (chiuso) ma posto in alto; nel karate invece il pugno viene dato orizzontale, ma questo è dovuto ad altre motivazioni di vario genere. I karateka cercano di rinforzare le nocche colpendo degli strumenti da allenamento (makiwara), il pugile inglese ottocentesco invece mirava a non slogarsi il polso (che con i guantoni moderni avviene molto più limitatamente) e a non rompersi la mano, per poter continuare a lavorare il giorno dopo.

Pugilato ottocentesco inglese. Notare le mani nude e la posizione del pugno.

Come potete capire cambia il contesto e le motivazioni su come debba essere sferrato un pugno, nonché la conformazione del guanto, proprio a causa di come è strutturato il pugno umano e per come sono le articolazioni del braccio (specialmente il polso). Stesso dicasi per i guantoni dei combattenti da Mont'e Prama: se nei guantoni dei reperti originali non sono presenti le borchie su tutta la superficie, una motivazione dovrà esserci. Altrimenti a che pro sferrare i pugni solo con la superficie in liscio cuoio? Probabilmente questo tipo di pugni (diretti, jab) non venivano sferrati. I pugni prediletti, essendo presente la (presunta) grande borchia sottostante al guanto, dovevano essere quelli a martello (hammerfist) usati ad esempio anche nel pugilato filippino, altra materia che avevo approcciato durante la mia ricostruzione, grazi all'aiuto dei miei istruttori.
Se questo approccio RIGOROSO alla ricostruzione (pena falsarne le conclusioni e ricostruire qualcosa di inesistente) viene applicato al modo di sferrare i pugni (che occorre ribadire, non sembrano plausibili), potete immaginare quale sia la mia idea relativa alla possibilità di usare i calci in questo stile. Non esistono prove relative all'uso di calci (nessuna raffigurazione, nessuna statuetta) in questa forma di combattimento, dunque non è possibile accettare una ricostruzione che includa anche questo tipo di colpi.

Eliminare alcune evidenze e includere nuovi elementi

Il CONTESTO per eseguire una giusta ricostruzione è fondamentale. Stiamo parlando di un combattimento in cui viene utilizzato una sorta di caestus (guanto da pugilato romano) con una borchia sottostante. Dimenticate le ricostruzioni viste in giro (da Carmine Piras ad Angela Demontis) nessuna è veritiera, in quanto non esiste un solo esempio di guantone nuragico con queste borchie a mezzaluna. L'errore è infatti basato sul bronzetto da Cavalupo (Vulci) che nella foto del Lilliu, pubblicata nel suo enorme tomo, risulta sgranata, quasi butterata, e dà l'idea di diverse borchie presenti sul guanto. Un dettaglio che nell'originale e nelle controparti in pietra rinvenute nel 2014 non esiste.

Guanto borchiato di pugilatore, esposto all'Antiquarium Arborense di Oristano. La ricostruzione è di Carmine Piras (che mi perdonerà se la utilizzo, ma si tratta di una mia foto in un pubblico museo) a mio giudizio non può essere considerata veritiera. Non esiste nessun reperto che mostri questa mezzaluna borchiata, nè materialmente, nè nelle iconografie.
Se stiamo parlando di un combattimento di pugilato, qual'è il senso dello scudo? Lo scudo è stato giustificato sino ad oggi con la necessità di ripararsi dai colpi della borchia del guantone. Se ignoriamo questa evidenza, e approcciamo la ricostruzione senza lo scudo, il combattimento non risulta più veritiero, poiché manca un "pezzo" dell'equipaggiamento. Provate a combattere con spada e scudo, e poi eliminate lo scudo. Il cambiamento dell'assetto nel combattimento varia totalmente, e così la necessità di altri pezzi dell'equipaggiamento (guardia nella spada, armatura, ecc). Ovvio che nel caso in cui venga eliminato lo scudo, sia fattibile eseguire dei calci. Ma siete sicuri che sia possibile sferrare dei calci quando l'avversario è armato di scudo? Un calcio dato sullo scudo non ha nessun valore, e anzi è plausibile che riceva più dolore chi ha sferrato il calcio piuttosto che chi impugna la protezione, specialmente se chi tiene lo scudo lo usa di taglio sul calcio avversario.

Come ha affermato un famoso praticante di scherma, "secondo voi perché esistono così pochi calci nelle arti marziali armate?". Il motivo è presto detto, per via dell'arma utilizzata. Chi darebbe mai un calcio contro qualcuno che impugna un pugno di bronzo o una lama? Il confronto è impari. Ma qua iniziamo ad addentrarci nella mia teoria del pugnale gammato usato dai presunti "pugilatori", un idea che ha raccolto diverse aperture anche tra archeologi "ufficiali" dell'accademia, ma sulla quale bisognerà continuare a lavorare in futuro.
Un saluto

Alessandro Atzeni

mercoledì 14 giugno 2017

Tornato in Italia...per ora!


-Frodo: Sono passati quattro anni da quel giorno a Colle Vento, Sam. Non è mai guarita del tutto.
Sam: "Andata e ritorno. Un racconto hobbit di Bilbo Baggins. E Il Signore degli Anelli di Frodo Baggins". L'avete finito.
Frodo: Non proprio. C'è spazio per qualcosina.-

Non sono passate neanche 24 ore dalla fine vita che conducevo prima. Avevo un lavoro sicuro, uno stipendio fisso, e la mia compagna lo stesso. Abitavamo in casa con una coppia più un loro amico. Persone fantastiche e disponibili.
Un unico problema mi assillava: non era il mio pese, e non era casa mia.

Abitavo a Bicester, poco lontano da Oxford, altro posto dove ho vissuto per quasi un anno. Un paesino tranquillo dove vi consiglio di andare a vivere se volete combiare vita, almeno prima che la Brexit vi colga tra capo e collo.
Io però non mi ci vedevo, tra dieci anni, con un po' più di pancia e meno capelli, sistemato ma infelice, sospirando per la mia amata isola lontana.

Così ho deciso di tornare, di provare la mia strada nella mia nazione, l'Italia, e nella mia isola, la Sardegna. Come mi disse un carissimo amico: "anche Ulisse si trovò in una situazione simile. Ad Ogigia, con la ninfa Calipso, chi lo obbligava a ripartire di nuovo?".
Come Ulisse, anche io sento dentro questa necessità. Lasciare tutto, e ripartire di nuovo verso l'ignoto. Per ora sono tornato a casa, ma non so quanto rimarrò su queste sponde.
Anche Ulisse, tornato ad Itaca, partì di nuovo, spinto dalla sua sete di conoscenza.

"fatti non foste a viver come bruti..."

La vita è un continuo viaggio, dopotutto.